E’ morto l’ultimo aviatore che sganciò la bomba a Hiroshima. Senza rimorsi. Il giallo della Certosa e il “grande silenzio”.

Aveva 93 anni e viveva in una tranquilla casa di riposo a Stone Mountain, nel    cuore della Georgia, Stati Uniti. Non ha mai avuto un rimorso o un ripensamento nonostante la morte dij migliaia di persone. Theodore Van Kirk, l’ultimo membro dell’equipaggio dell’Enola Gay che sganciò la bomba atomica su Hiroshima nel 1945, è morto di vecchiaia il 30 luglio scorso. Assoldato dal collega ed amico colonnello Paul Tibbett – che divenne il capo team del fatidico bombardiere B-29 – dopo mesi di duro addestramento Van Kirk guidò con le sue carte di volo l’Enola Gay, in sole sei ore e mezza, dall’isola di Titian nelle Marianne sino ai cieli sopra Hiroshima.Era il 6 Agosto 1945: alle 8.15 del mattino ‘Little Boy’ – questo il nome in codice dell’ordigno – la prima bomba nucleare, fu lanciata sulla città giapponese. Uccise più di 240.000 persone e gettò il pianeta nell’era atomica.Van Kirk non parlò della sua esperienza per molti anni. Ma nel 2005, in occasione del sessantesimo anniversario di Hiroshima, disse ai media americani: “Nessuno di noi dell’equipaggio soffrì alcun effetto fisico dalle radiazioni. Non solo: nessuno di noi ha avuto problemi psicologici o si è ritirato in un monastero”.Nessuno in monastero? Sì. Ha ragione. Il giallo del suo collega complice del massacro era stato già rivelato qualche tempo fa. Un misterioso “filo rosso” infatti sembrava legare la Certosa di Serra San Bruno (Vibo Valentia) e la tragedia nucleare di Hiroshima.Una “voce” diffusa da uno scrittore calabrese – secondo cui Tony Lehmann testimone del massacro causato dall’esplosione della bomba atomica a Hiroshima, dopo essersi congedato dall’ese rcito, divenne sacerdote ed entrò nell’ordine dei Certosini, trascorrendo qualche periodo anche in Calabria – creò numerose polemiche e addirittura fece catapultare un “inviato speciale” della Rai nel 1962 fra i boschi calabresi. Il risultato? I monaci – autocostretti alla clausura e per nulla felici di ricevere visite indesiderate alla loro porta – dovettero esporre all’ingresso della Certosa il cartello con la seguente scritta: “Nella Certosa non c’è il pilota di Hiroshima. Non disturbate la quiete del convento. Il pilota del bombardamento atomico non c’è”.Il mistero fu svelato – riferisce un dettagliato racconto della Gazzetta del Mezzogiorno (1 agosto del 2014) – dal web. La Diocesi cattýolica di Spokane (Stato di Washington) infatti aveva pubblicato in Rete un lungo necrologio in memoria di un gesuita – padre Tony Lehmann – originario dell’Illinois e divorato dalla leucemia all’età di 73 anni nel 2001. Orfano di madre a 5 anni, dopo il diploma superiore lasciò 3 fratelli e 3 sorelle per arruolarsi nell’esercito statunitense. Dopo la fine della guerra, visitò di persona per servizio Hiroshima e “fu testimone della devastazione causata dalla bomba atomica” recita il suo epitaffio. Congedato divenne Certosino e visse nei monasteri dell’Ordine di Pisa e in Calabria narrando ai con fratelli gli orrori di cui fu testimone. Dunque un testimone degli orrori del primo bombardamento nucleare della Storia, ma non il suo artefice. Curiosa la vicenda dei frati certosini. Ricordate “Il grande silenzio”? Il film capolavoro girato nella Grande Chartreuse: 164 minuti muti. Solo canti e preghiere.

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