VIAGGIO NEGLI ORRORI DELL’ALBANIA COMUNISTA: “FECERO SUL MIO CORPO TUTTE LE POSSIBILI TORTURE. MI MISERO IN UN SACCO, NUDA, INSIEME AD UNA GATTA” REPORTAGE SU TV2000 DALL’UNICO PAESE DOVE PENSAVANO E CREDEVANO DI AVERE UCCISO DIO

Una settimana tra Scutari e Valona. Senza sosta. A caccia di notizie e bellezze. Sempre pronto a trovare qualche indizio in più per spiegarmi come è stato possibile che un nobile paese come l’Albania per 40 anni sia stato umiliato e distrutto dalla dittatura comunista.

Sabato 23 maggio alle 22,40 in onda su tv2000 le immagini esclusive e i documenti filmati di nascosto di cosa è stato il terribile regime di Enver Halil Hoxha, sanguinario dittatore che ha massacrato preti, suore, religiosi e laici in nome dell’ “ateismo di stato”.

Non mi vergogno a dire che mi sono commosso insieme al vescovo che ci accompagnava in questo tour di questa piccola Auschwitz, nel cuore dell’Albania. (nella foto Maria Tuci, voleva diventare suora. Per questo è stata messa in un sacco nuda, insieme a una gatta feroce)

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Di seguito il racconto “bestiale” e commovente di chi ha vissuto questa tragedia. E’ stato scritto da un gesuita nel 1993.

Dio in Albania non era affatto morto. E oggi è più vivo che mai.

SANGUE A SCUTARI

Veramente, Signore, sei stato qui, con noi,

e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne

il peccato dei fratelli.

Siamo stati battuti,

ci hanno messo le uova bollenti sotto le ascelle

e così ci hanno legato

fino alla scottatura delle ossa;

ci hanno lasciati nudi per mesi;

e nudi, legati agli alberi del giardino del convento,

nel nostro gelido inverno.

Per giorni e giorni hanno tenuto immobili le nostre figlie

legate alle ringhiere,

e la notte le hanno tenute impiccate per i polsi.

Hanno scaricato tanti e tanti volts (energia elettrica) tra le nostre orecchie

e tanti di noi siamo morti così.

Hanno piantato nei nostri inguini

le punte arroventate dei fucili;

hanno denudato in pubblico i nostri sacerdoti;

hanno chiuso in un sacco una nostra figlia

nuda, assieme ad un gatto inferocito,

e poi hanno picchiato e picchiato,

finché tutto è diventato un unico grumo di sangue.

Ci hanno tenuti per giorni e giorni

rannicchiati nel gabinetto puzzolente del sottoscala,

nel tormento fisico e nell’imbarazzo morale.

Per dormire ci hanno accatastato

in una striscia di cemento di soli trentanove centimetri;

hanno bagnato continuamente le nostre topaie d’isolamento,

perché non potessimo distenderci;

hanno tagliuzzato la carne delle nostre cosce

e hanno riempito le ferite di sale;

hanno messo le nostre figlie nella stessa cella di maschi,

e una ragazza nella stessa cella di un frate.

Hanno distrutto Maria,

lasciandola imputridire digiuna

tra cenci sempre appositamente inzuppati:

un amore di ragazza, a ventisei anni!

Hanno frantumato i nostri denti a calci e pugni;

hanno pestato le nostre dita

finché le nostre unghia annerite cadessero nel dolore.

Hanno fatto brulicare i parassiti nella nostra carne:

pulci, cimici e pidocchi: quanti!

Poi ci hanno disinfestato gli ambienti

coprendoci d’insetticidi per tre giorni…

Ci hanno appeso per i piedi come animali macellati.

Albania insanguinata!

Abbiamo marcito nei canali che abbiamo costruito da forzati,

e tanti e tanti di noi siamo morti nel fango.

Hanno scavato i nostri volti e i nostri corpi:

non c’è più bellezza né vigore in noi.

Come vermi, e non uomini, abbiamo brulicato

tra i minerali, sotto terra…

Ci hanno costretto ad essere fedifraghi;

ci hanno costretto a fare la spia ai fratelli;

hanno carpito ai nostri bambini un qualunque segno di Fede

per poterci imprigionare;

sotto tortura ci hanno ingiunto di affermare il falso

e di tradire i fratelli…

Ci hanno tolto pure le lacrime per i nostri fratelli che hanno assassinato,

pena la prigione.

Ci hanno rubato la creatività, l’iniziativa, la cultura;

gli stessi nostri preti sono rimasti vuoti,

stranamente poveri…

I fortunati di noi hanno potuto gridare

“Viva Cristo Re!”

davanti al plotone d’esecuzione

dietro il muro del cimitero cattolico,

e ora là c’è il platano che testimonia,

perché le nostre fosse non le hanno fatto profonde:

i cani sono venuti a grattare sulle nostre salme,

e quindici anni dopo, la calce viva ha bruciato, ha bruciato…

Albania insanguinata…!

La nostra Fede, però, no,

non l’hanno potuto toccare!

Ed è rimasta come fiaccola

nell’eclisse della ragione, dell’umanesimo, dei valori,

dove tutto il resto è andato distrutto.

Se avessero potuto, avrebbero sradicato anche le nostre anime!

Ma questo, no, non l’hanno potuto fare.

Noi abbiamo affidato a te, Signore,

cos’è avanzato delle nostre anime,

a Te abbiamo affidato cos’è avanzato dei nostri corpi;

e ognuno di noi ora aspetta da Te

di rifiorire di carne gloriosa.

Signore, che non sia l’odio adesso

a vanificare la nostra Fede!

Non permettere che ora siano le nostre anime a morire…

Veramente, Signore, sei stato qui, con noi,

e ci hai chiesto di assumere nella nostra carne

il peccato dei fratelli.

 

Scutari, 6 luglio 1993 

Padre Giuseppe Patti S.I.

 

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2 risposte a "VIAGGIO NEGLI ORRORI DELL’ALBANIA COMUNISTA: “FECERO SUL MIO CORPO TUTTE LE POSSIBILI TORTURE. MI MISERO IN UN SACCO, NUDA, INSIEME AD UNA GATTA” REPORTAGE SU TV2000 DALL’UNICO PAESE DOVE PENSAVANO E CREDEVANO DI AVERE UCCISO DIO"

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