Non si fermano le proteste per la recente decisione dell’arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, monsignor Salvatore Ligorio, che in un comunicato ha avvisato i fedeli della sua diocesi della volontà di riaprire al culto – dopo i lavori di ristrutturazione che dureranno fino alla primavera del 2022 e che costeranno 2,4 milioni di euro – la chiesa della Santissima Trinità del capoluogo per reinserirla nell’organizzazione pastorale della città.
La chiesa è tristemente nota perché il 17 marzo 2010 venne ritrovato il corpo di Elisa Claps, la sedicenne potentina uccisa il 12 settembre del 1993 per mano di Danilo Restivo condannato in via definitiva a 30 anni di carcere.
Di Elisa per oltre 17 lunghissimi si è persa ogni taccia. Dopo che fu uscita di casa per incontrare, appunto, Danilo Restivo nei locali della Chiesa della Trinità di Potenza, non si è saputo più nulla.
Da qui si snodano una serie di depistaggi, equivoci, informazioni sbagliate, processi che permetteranno a Restivo di trasferirsi in Inghilterra dove – secondo la giustizia inglese, che l’ha condannato – ha ucciso un’altra donna Heather Barnet.
Finalmente il 17 marzo 2010 quel che resta della piccola Elisa viene ritrovato da due operai nel sottotetto della chiesa della Trinità. Come sia stato possibile tutto questo resta un mistero.
Ovviamente l’iniziativa del vescovo di Potenza ha suscitato (comprensibilmente) la protesta e lo sdegno della famiglia Claps. Ma in molti (come associazioni e privati cittadini) hanno dato il proprio sostegno alla diocesi.
In fondo tenere una chiesa chiusa ha poco senso.
Visto che il responsabile ormai accertato non è certo un prete.
Ma aldilà di tutto questo – e lo dico in punta di piedi con il massimo rispetto dovuto per chi ha sofferto e soffre ancora – mi piacerebbe suggerire una possibilità che è ormai condivisa da molti.
E cioè tentare di sopranaturalizzare la morte di Elisa proprio per rendere ancora di più la sua memoria come un esempio.
In fondo la tragica vicenda di Elisa per molti aspetti è simile – se non proprio identica – a quella di un’altra ragazza: Maria Goretti, la santa martire della purezza. Uccisa anche lei per aver respinto uno stupro.
Perché allora non provare ad avviare anche per Elisa un processo canonico di canonizzazione per verificare se ci sono gli elementi per poterla elevare agli onori degli altari?
Mi chiedo non sarebbe proprio questo un segno – pur ovviamente senza rinunciare ad accertare ogni altra responsabilità – che darebbe speranza ad una comunità duramente provata? Ma che soprattutto trasformerebbe la crudele e ingiusta morte di Elisa in una perfetta testimonianza cristiana?
E ancora: perché non pensare anche di traslare i resti della povera Elisa proprio in quella Chiesa, la Santissima Trinità, che ora si vuole riaprire?
Ovviamente c’è bisogno di guadare tutto questo con gli occhi dalla fede. E so bene che non è facile. Anzi direi che è quasi eroico.
Perché perdonare chi ci ha fatto del male, è quasi contro natura.
Ma essere cristiani è anche questo.
E lo ripeto a me stesso.
Il mio ultimo libro è “Rapporto su Medjugorje”, cioè il documento segreto pontificio – redatto dalla Pontificia Commissione Internazionale che ha indagato su questi fenomeni per anni – che ho pubblicato per la prima volta in assoluto in versione cartacea e anche in versione Kindle.
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©David Murgia

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