Personalmente non amo i tatuaggi e per questo non ne ho neanche uno (anche per paura del dolore) e per un senso estetico (vedermi tra 30 anni con tatuaggi che si afflosciano sulla mia pelle…) ma non per questo sono contrarissimo.
Però va detto che per molti cattolici i tatuaggi possono essere un marchio, addirittura il marchio del diavolo, e questo perché nel Libro del Levitico (Antico Testamento) si legge (19-28): “Non vi farete incisioni sul corpo per un defunto, né vi farete segni di tatuaggio. Io sono il Signore”.
E da qui, appunto, prende il via – da una parte del mondo cattolico – la diffidenza verso i tatuaggi.
Ora, a sorpresa, un articolo dell’Osservatore Romano (organo ufficiale di informazione della Santa Sede nonché Gazzetta Ufficiale) fa chiarezza su questa forma di incisione sulla carne che definisce “una secolare tradizione cristiana, un segno di devozione, che “ci plasma per tutta la vita“. Insomma, nulla di proibito o di sacrilego. Anzi: “Tatuare la propria pelle non è incompatibile con la religione cristiana”. Ma c’è di più: “Effettuare un tatuaggio davanti all’altare non può essere considerato un atto di profanazione”.
Per questo qualche settimana fa – si legge nel giornale vaticano – nella navata gotica della Liebfrauenkirche di Francoforte sul Meno, Silas Becks, 39 anni, artista-tatuatore di Stoccarda, circondato da cameraman televisivi e fotografi, ha dato il via, con il sostegno della diocesi di Limburg (nel cui territorio Francoforte si trova), alla campagna Tätowieren vor dem Altar, “Tatuare davanti all’altare”, a cui hanno aderito centinaia di persone, organizzata dalla Keb, una organizzazione collegata direttamente alla Diocesi. E a benedire gli utensili è intervenuto addirittura il frate cappuccino Paulus Terwitte, 62 anni, a capo del monastero di Liebfrauen, personaggio noto in Germania per il suo impegno nelle questioni sociali, autore di libri e presentatore televisivo, ma soprattutto “anima” della Fondazione Franziskustreff che si occupa di assistere poveri e senzatetto.
“Un tedesco su cinque è tatuato – ha commentato Markus Breuer, presidente della Katholischen Erwachsenenbildung (Keb) – e nell’antichità decorare o marchiare il corpo per testimoniare la propria fede era una caratteristica dei cristiani”. Questa tradizione può essere considerata in definitiva un “segno di devozione”, ha affermato il religioso, precisando che “ovviamente dipende anche dal tatuaggio“.
Quasi quasi me ne faccio uno anche io.
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©David Murgia

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Ma l’articolo non specifica quali tatuaggi sono permessi e quali, anche se si può intuire. Però fra i tatuaggi “religiosi” bisogna discernere, perché è facile scambiare un simbolo religioso per uno new age (angeli, croci particolari o cuori, ecc.). Personalmente sono contraria ai tatuaggi, ma se proprio li si ama, consiglio quelli lauretani
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…io preferisco obbedire alla Bibbia piuttosto ,alle idiozie del osservatore Romano.. ….ogni tanto mi ritornano in mente le famose parole di sua santità Paolo VI..”DA QUALCHE PARTE NELLA CHIESA, È ENTRATO IL FUMO DI SATANA….”
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