Željko Komšić, presidente di turno della Bosnia-Erzegovina ha incontrato – per la seconda volta – questa mattina Francesco e poi il segretario per i Rapporti con gli Stati l’arcivescovo Paul Gallagher.
Al centro dei colloqui la situazione nell’area balcanica e i rapporti bilaterali verso cui – spiega il comunicato della Sala Stampa – è stato espresso “apprezzamento per i buoni rapporti bilaterali esistenti”. Ci si è poi soffermati “sulla realtà interna del Paese, ribadendo la necessità di promuovere l’uguaglianza giuridico-sociale di tutti i cittadini appartenenti a ciascun popolo costitutivo.”
Invece, nei colloqui con il Segretario dei Rapporti con gli Stati monsignor Gallagher si è parlato del contesto internazionale a cui oggi la Bosnia-Erzegovina continua a guardare con attenzione e al cammino di adesione all’Unione europea.
Un obiettivo oggi difficile alla luce dalla attuale situazione nel Paese dove tornano a farsi sentire le istanze nazionaliste della parte serba a trent’anni dalla fine della guerra nei Balcani. Gravi atti intimidatori e incidenti sono avvenuti nei giorni scorsi ai danni della popolazione bosniaca. A Brcko sono stati deturpati i graffiti che ricordano le vittime del genocidio di Srebrenica e ne è seguita una ferma condanna dell’Unione Europea, per la quale non “si possono glorificare i crimini di guerra e neppure si possono fare dichiarazioni esplosive che seminano odio“. Una situazione complessa dunque per la quale anche la Chiesa locale ha invocato prudenza.
E della questione Medjugorje – la maggiore attrazione spirituale per cui migliaia di Italiani (tra cui preti, vescovi e cardinali) si recano in pellegrinaggio in questo Paese – non si è minimamente fatto cenno.
Come è possibile?
Forse – azzardo – perché ormai il caso è chiuso?
Piccoli segnali…
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*Nella foto in alto Papa Francesco incontra il presidente di turno della Presidenza collegiale della Bosnia Erzegovina, Željko Komšić (Vatican Media)
©David Murgia
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