“IL DIAVOLO ESISTE PER DAVVERO”. LO AFFERMA IL TRIBUNALE DI MILANO. DONNA COLPITA DA POSSESSIONE DEMONIACA E DA FENOMENI DA POLTERGEIST

La sentenza è del 2017 ma ancora oggi fa giurisprudenza. A suo tempo se ne parlò molto su giornali e in televisione. E così voglio riproporla (ovviamente con i dovuti distinguo di ambiti), qualora potesse essere utile per comprendere come procedere, anche dal punto di vista giuridico-processuale, nel caso della mattanza di Altavilla Milicia (ne ho PARLATO QUI e QUI).

Il tribunale della sentenza è quello di Milano che è chiamato a giudicare in un caso di separazione. Una causa ordinaria, come mille altre, in cui il marito domanda che l’addebito della separazione sia posto a carico della moglie. E qui è il punto: la colpa della moglie è causata dall’«ossessione religiosa» scatenatale dal 2007 da «devastanti comportamenti compulsivi» ascrivibili «a possessione demoniaca».

Sostanzialmente il marito racconta fatti e circostanze – di cui l’istruttoria raccoglie prove, come la testimonianza del proprio parroco e di un frate cappuccino – su fenomeni inspiegabili accaduti come quando la signora cade vittima di improvvisi irrigidimenti o convulsioni corporee oppure striscia e si scuote sul pavimento della chiesa, e solleva con una sola mano una pesante panca e la scaglia contro l’altare o addirittura si solleverebbe in aria per poi ricadere con «proiezioni paraboliche» a grande distanza.

Lo stesso frate cappuccino ecco cosa testimonia durante il processo: “Ero impressionato dai fenomeni poltergeist che si verificavano sotto i mie occhi nella signora che era seguita per diversi anni da sacerdoti investiti ufficialmente della funzione di esorcista“.

Inoltre la donna è stata sottoposto ad «una accurata valutazione psichiatrica», sottoponendola ai vari test scientifici che hanno poi concluso che «la signora non risulta affetta da alcuna conclamata patologia tale da poter spiegare i fenomeni».

Risultato: i giudici scrivono che «la separazione non può essere addebitata alla moglie perché difetta il requisito della imputabilità soggettiva di questi comportamenti….Non agisce consapevolmente, ma altrettanto chiaramente ella è “agìta”». E «i tormenti e gli inspiegabili fenomeni subìti dalla signora sono la causa e non la conseguenza del suo atteggiamento di esasperata spiritualizzazione».

Agìta” ma da chi?

Dal diavolo, ovviamente.

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Si tratta di un libro che ripercorre la mia storia personale attraverso i veggenti – veri o falsi – che ho incontrato fin da bambino.

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La prima cosa che ricordo è il telefono. Un telefono da ufficio anni ’90, con la cornetta e il disco per fare i numeri. Squillava ogni trenta secondi. Era fastidioso. Chi chiedeva una benedizione, chi un miracolo, chi un lavoro o una guarigione da un brutto male. […] Lui era un gigante, alto e robusto. Almeno, io lo vedevo così. Con lui ho vissuto la mia prima esperienza in assoluto con un veggente. Avevo poco più di dieci anni. I miei genitori mi ci portavano spesso. Riceveva in una chiesa particolare, quasi circolare, vicino al Policlinico Umberto I di Roma, a piazza Salerno. Noi abitavamo a Trastevere e la distanza non era molta. […] Gli orari in cui riceveva erano strani. Non era come andare in un ufficio, dove ci sono giorni prestabiliti. Qui c’era una lunga lista d’attesa e, se si aveva urgenza, bisognava essere disposti a raggiungerlo a qualsiasi ora chiamasse. E a noi capitava spesso.  Mentre aspettavamo il nostro turno, a volte sentivamo urla.  Da lui andava tutta Roma: lo chiamavano il Padre Pio della Capitale. Qualcuno ci raccontò che aveva esorcizzato addirittura Salvator Dalì.CONTINUA

(David Murgia)

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